“Nessun re in America”: seconda ondata di proteste contro Trump invade le strade americane

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“Nessun re in America”: seconda ondata di proteste contro Trump invade le strade americane

Migliaia di manifestanti hanno invaso le strade di decine di città americane sabato, in quella che rappresenta la seconda grande ondata di proteste nazionali contro il presidente Donald Trump e le sue politiche. Da New York a Washington D.C., passando per numerosi altri centri urbani del paese, i dimostranti hanno portato cartelli con slogan come “Nessun re in America”, esprimendo preoccupazioni per l’applicazione delle leggi sull’immigrazione, i diritti costituzionali e i tagli al bilancio federale, come riportato da NBC Right Now e ABC News.

Il movimento “Hands Off”: proteste diffuse e coordinate

Queste manifestazioni fanno parte del movimento “Hands Off” (Mani Giù), il più grande sforzo di protesta coordinata contro la seconda amministrazione Trump. Lanciato inizialmente il 5 aprile 2025 con manifestazioni in oltre 1.400 località distribuite in tutti i 50 stati, il movimento è sostenuto da una coalizione di più di 150 organizzazioni progressiste, che includono gruppi per i diritti civili, sindacati, sostenitori dei diritti LGBTQ+ e organizzazioni per i diritti delle donne.

Secondo le stime fornite dagli organizzatori, la prima ondata di proteste aveva attirato tra i 3 e i 5 milioni di partecipanti a livello nazionale. Questa seconda fase, avviata il 19 aprile, punta a raggiungere un obiettivo ancora più ambizioso: coinvolgere il 3,5% della popolazione statunitense, ovvero oltre 11 milioni di persone, una soglia che gli attivisti considerano necessaria per sostenere una “resistenza efficace” nel tempo.

A differenza delle manifestazioni durante il primo mandato di Trump, che tendevano a concentrarsi principalmente su Washington D.C., gli organizzatori hanno deliberatamente distribuito queste proteste su tutto il territorio nazionale, con raduni presso i palazzi governativi statali, edifici federali, uffici del Congresso e municipi locali.

Le politiche contestate dai manifestanti

I manifestanti hanno preso di mira in particolare ciò che considerano un’eccessiva ingerenza dell’amministrazione Trump in diversi ambiti della vita pubblica e privata americana. Tra le questioni più controverse:

  • I licenziamenti di massa di dipendenti federali e la chiusura di agenzie guidate dal Dipartimento per l’Efficienza Governativa (DOGE) di Elon Musk
  • La chiusura degli uffici territoriali dell’Amministrazione della Sicurezza Sociale
  • Le aggressive politiche di deportazione e le nuove misure sull’immigrazione
  • I significativi tagli ai finanziamenti per la sanità e alla ricerca medica
  • La riduzione delle protezioni per i diritti LGBTQ+
  • L’imposizione di dazi globali che stanno causando crescenti disagi economici

“Non stiamo protestando solo per una singola politica”, ha dichiarato uno degli organizzatori a Washington. “Ci opponiamo a un approccio di governo che considera il potere come un fine in sé, piuttosto che come un mezzo per servire i cittadini”.

“Nessun re in America”: uno slogan che evoca la storia rivoluzionaria

Lo slogan “Nessun re in America” è emerso come un potente grido di battaglia contro quelle che i manifestanti considerano le tendenze autoritarie del presidente Trump. L’espressione richiama deliberatamente le origini rivoluzionarie degli Stati Uniti, tracciando un parallelo diretto tra il rifiuto della monarchia britannica da parte dei padri fondatori e l’attuale opposizione all’amministrazione Trump.

Questo simbolismo è particolarmente significativo poiché le manifestazioni coincidono con il 250º anniversario della Rivoluzione Americana, un riferimento storico che il Movimento 50501 – così chiamato per la sua missione di “50 proteste, 50 stati, 1 movimento” – ha saputo sfruttare efficacemente per mobilitare i partecipanti.

Lo slogan ha guadagnato ulteriore slancio dopo l’introduzione al Congresso del “No Kings Act”, una proposta di legge pensata per contrastare la controversa sentenza della Corte Suprema del 2024 sull’immunità presidenziale. La legislazione mira a riaffermare che i presidenti non sono al di sopra della legge, a rimuovere la giurisdizione della Corte Suprema sulle contestazioni a questa legge e a stabilire garanzie procedurali per il perseguimento di eventuali reati presidenziali.

I manifestanti si sono radunati in luoghi dal forte valore simbolico, come l’Independence Hall di Filadelfia e la biblioteca principale di New York, collegando le preoccupazioni politiche contemporanee ai valori fondanti americani. Cori di “Nessun re” hanno echeggiato in tutto il paese, respingendo l’idea di un potere esecutivo senza controlli e bilanciamenti.

Il Movimento 50501: dalle proteste virtuali alle strade

Il Movimento 50501 rappresenta un fenomeno interessante di mobilitazione politica nell’era digitale. Nato inizialmente come un semplice post su Reddit dall’utente Evolved_Fungi, il movimento ha rapidamente guadagnato slancio, organizzando importanti giornate di protesta a partire dal 5 febbraio 2025.

Le successive mobilitazioni hanno incluso eventi il 17 febbraio (con lo slogan “No Kings on Presidents Day”), il 4 marzo e il 5 aprile, con quest’ultima giornata di proteste “Hands Off” che ha visto la partecipazione stimata di 5,2 milioni di americani in oltre 1.300 località.

Ciò che distingue questo movimento è la sua natura decentralizzata e apartitica, che unisce americani preoccupati per quella che descrivono come “abuso esecutivo” e “misure autoritarie”. Un altro elemento distintivo è l’ampliamento del repertorio di azione oltre le proteste tradizionali: il Movimento 50501 ha infatti promosso anche attività focalizzate sulla comunità come raccolte alimentari, scambi di vestiti e iniziative di mutuo aiuto.

Un focus particolare delle critiche è stato rivolto al ruolo di Elon Musk nell’amministrazione Trump, con i manifestanti che esprimono preoccupazione per la sua posizione non elettiva e il suo straordinario accesso ai sistemi governativi attraverso il Dipartimento per l’Efficienza Governativa.

L’eco delle proteste nel dibattito pubblico

Le proteste hanno provocato reazioni contrastanti nel panorama politico americano. I sostenitori dell’amministrazione Trump hanno minimizzato la portata delle manifestazioni, descrivendole come espressione di una minoranza rumorosa ma non rappresentativa dell’opinione pubblica generale. Il presidente stesso ha commentato su Truth Social, definendo i manifestanti “agitatori professionisti” e ribadendo il mandato popolare ottenuto alle elezioni.

D’altra parte, diverse figure dell’opposizione hanno espresso solidarietà con i manifestanti, sottolineando l’importanza della partecipazione civica e del dissenso pacifico in una società democratica. Alcuni analisti politici hanno evidenziato come queste proteste stiano avvenendo molto prima nel mandato rispetto al primo termine di Trump, suggerendo un livello di organizzazione e resistenza più strutturato.

Il movimento di protesta, che sembra destinato a continuare nei prossimi mesi, solleva interrogativi fondamentali sul futuro della democrazia americana e sui limiti del potere esecutivo in un sistema costituzionale fondato sulla separazione dei poteri. Mentre migliaia di cittadini continuano a marciare con cartelli che proclamano “Nessun re in America”, la tensione tra visioni contrapposte del paese e del suo futuro non accenna a diminuire.

Elena Mariani
Elena Mariani
Analista politica, docente universitaria e commentatrice televisiva. Con un dottorato in Scienze Politiche e un passato da assistente parlamentare, Elena ha sviluppato una profonda conoscenza dei meccanismi istituzionali italiani ed europei. Collabora con think tank internazionali e tiene regolarmente seminari sulla comunicazione politica nell'era digitale. La sua firma è garanzia di analisi equilibrate che vanno oltre le dichiarazioni di facciata.

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