I “Magnifici Sette” giganti tecnologici – Apple, Microsoft, Nvidia, Amazon, Tesla, Alphabet (la società madre di Google) e Meta Platforms – hanno visto il loro valore di mercato combinato crollare di ben 3,8 trilioni di dollari, equivalenti al 22% della loro capitalizzazione, dall’insediamento del Presidente Trump. Questo dato, riportato da Yahoo Finance, segna un’inversione drammatica per il gruppo che negli ultimi anni aveva trainato gran parte dei guadagni del mercato azionario americano e globale.
Tesla in picchiata: il crollo del 47% cancella l’effetto “Trump bump”
Le azioni di Tesla sono tra le più colpite, con un drammatico calo nel 2025 che ha visto il titolo precipitare fino al 47% rispetto al picco di dicembre 2024, quando l’azienda aveva raggiunto una capitalizzazione di mercato record di 1,5 trilioni di dollari. Questo forte ribasso ha praticamente azzerato tutti i guadagni derivanti dal cosiddetto “Trump bump” post-elettorale, l’iniziale impennata del titolo seguita alla vittoria di Donald Trump.
Il crollo rappresenta una delle più significative distruzioni di valore nella storia dell’industria automobilistica. Gli analisti di JPMorgan hanno dichiarato di “trovare difficile identificare qualcosa di paragonabile” in cui un marchio abbia perso così tanto valore in così poco tempo.
Dietro questa caduta verticale si nascondono diversi fattori strutturali:
- Un rallentamento globale nella domanda di veicoli elettrici, con le vendite di Tesla in calo dell’1,1% nel 2024, segnando il primo calo annuale dell’azienda dal 2011
- Significativi crolli delle vendite regionali, tra cui un impressionante -45% in Europa e un devastante -49% in Cina
- Una crescente concorrenza, in particolare da parte del produttore cinese BYD, che ha superato Tesla come primo produttore mondiale di veicoli elettrici
- Preoccupazioni diffuse riguardo alle attività politiche del CEO Elon Musk, considerate sempre più una distrazione dalla gestione aziendale
- Un drastico calo nell’interesse dei consumatori, con l’attrattiva di Tesla per gli acquirenti statunitensi precipitata dal 22% nel 2022 a solo il 7% nel 2024
Alcuni analisti, come quelli di UBS, avvertono che il titolo potrebbe scendere ulteriormente, potenzialmente cancellando la maggior parte del rally post-elettorale che aveva brevemente riportato ottimismo tra gli investitori.
Apple: 174 miliardi di dollari in fumo in un solo giorno
Il 10 marzo 2025 è destinato a rimanere una data memorabile nella storia di Apple. In quella singola giornata, il colosso di Cupertino ha subito una delle perdite di valore di mercato più significative della sua storia, vedendo evaporare 174 miliardi di dollari di capitalizzazione in mezzo a una più ampia svendita del settore tecnologico.
Questo calo del 4,85% delle azioni Apple, il più netto dal settembre 2022, ha contribuito in modo significativo alla diminuzione di 71 punti del Dow Jones Industrial Average. Nella giornata nera del 10 marzo, Apple è stata il maggior perdente tra i giganti tecnologici dei “Magnifici Sette”, in una sessione che ha visto svanire oltre 750 miliardi di dollari dalle sette più grandi aziende tecnologiche americane.
Il forte calo si inserisce in un contesto di preoccupazioni crescenti su diversi fronti:
- Il ritardo percepito nelle iniziative di intelligenza artificiale di Apple rispetto ai concorrenti
- I timori di una potenziale recessione negli Stati Uniti, uno scenario che lo stesso presidente Trump non ha escluso nelle sue dichiarazioni pubbliche
- L’incertezza riguardo ai nuovi dazi, che potrebbero avere un impatto devastante sulla catena di approvvigionamento globale di Apple, in particolare in Cina, dove viene prodotta la maggior parte dell’hardware dell’azienda
- Un significativo calo della domanda di iPhone in mercati chiave come la Cina, dove le vendite sono diminuite del 24% all’inizio del 2024
- Le crescenti sfide normative, incluse le leggi dell’Unione Europea che impongono cambiamenti strutturali all’App Store, erodendo potenzialmente un’importante fonte di ricavi
I dazi di Trump: l’onda d’urto che ha scosso Wall Street
La politica tariffaria radicale implementata dal presidente Trump ha colpito duramente le azioni tecnologiche, innescando uno dei periodi più volatili nella storia del mercato statunitense. L’annuncio del 2 aprile, che ha introdotto una tariffa di base del 10% su tutte le importazioni, oltre a tariffe “reciproche” più elevate per i principali partner commerciali, ha provocato un terremoto finanziario.
In un solo giorno, i mercati hanno visto svanire circa 3,1 trilioni di dollari di capitalizzazione di mercato – il calo più marcato dal marzo 2020, quando il mondo affrontava l’inizio della pandemia da COVID-19. Il Nasdaq, indice fortemente orientato alla tecnologia, è sceso del 6%, con Apple, Nvidia e Meta che hanno visto le loro azioni perdere il 7% o più in una singola sessione.
Le tariffe minacciano di interrompere le catene di approvvigionamento globali su cui le aziende tecnologiche fanno fortemente affidamento:
- Apple, che produce la maggior parte degli iPhone in Cina, potrebbe dover affrontare un aumento dei prezzi fino al 40% sui suoi prodotti
- Gli analisti avvertono che le misure potrebbero avere un impatto significativo sull’innovazione nell’intelligenza artificiale, settore in cui gli Stati Uniti dipendono da Cina e Taiwan per circa l’80% della loro capacità produttiva di determinati chip specializzati
- I fornitori di cloud computing come Microsoft, Amazon e Google potrebbero vedere aumentare drasticamente i costi delle infrastrutture hardware necessarie per i loro data center
La situazione rimane precaria poiché la Cina e le nazioni europee hanno segnalato potenziali misure di ritorsione mirate specificamente alle aziende tecnologiche statunitensi. Funzionari dell’Unione Europea hanno menzionato esplicitamente Meta, Alphabet, Apple, Microsoft e Amazon come potenziali obiettivi per nuove tasse sui servizi digitali, in una spirale di ritorsioni che rischia di amplificare ulteriormente l’impatto economico negativo.
Un’era di incertezza per il settore tech
Dopo anni di crescita apparentemente inarrestabile, i “Magnifici Sette” si trovano ora ad affrontare un periodo di profonda incertezza. La combinazione di politiche commerciali aggressive, timori di recessione e sfide specifiche del settore ha creato una tempesta perfetta che ha già eroso oltre un quinto del valore delle principali aziende tecnologiche americane.
Questo cambiamento di scenario potrebbe avere profonde implicazioni non solo per gli investitori, ma anche per l’economia globale nel suo complesso, considerando il peso che queste aziende hanno assunto negli ultimi anni. In molti casi, i “Magnifici Sette” rappresentano i maggiori datori di lavoro, i più grandi contribuenti fiscali e i più significativi investitori in ricerca e sviluppo nei loro rispettivi settori.
La questione che ora si pone è se questo rappresenti un aggiustamento temporaneo o l’inizio di un cambiamento strutturale più profondo nelle dinamiche di mercato e nell’economia globale. Di certo, l’era della crescita incontrastata delle big tech sembra aver subito una battuta d’arresto significativa, con implicazioni che si estenderanno ben oltre Wall Street.