Corsa all’oro: prezzi a livelli record oltre i 3.380 dollari mentre cresce l’incertezza sull’economia USA
I prezzi dell’oro hanno raggiunto un nuovo record storico, superando i 3.380 dollari per oncia. Questa impennata è alimentata principalmente dall’indebolimento del dollaro statunitense, sceso ai minimi degli ultimi tre anni. Le tensioni commerciali in escalation tra Stati Uniti e Cina, unite alle crescenti preoccupazioni riguardo ai piani del presidente Trump di rimuovere potenzialmente il presidente della Federal Reserve Jerome Powell, stanno creando un cocktail esplosivo di incertezza che spinge gli investitori verso il metallo giallo.
I dazi di Trump destabilizzano i mercati e indeboliscono il dollaro
L’annuncio di Trump nell’aprile 2025 ha provocato onde d’urto nei mercati globali. Il presidente ha imposto un dazio di base del 10% su tutte le importazioni negli Stati Uniti, affiancato da ulteriori “dazi reciproci” del 34% sulla Cina e del 20% sull’Unione Europea. Queste misure hanno gettato i mercati nel caos e sollevato preoccupazioni sul futuro dell’economia americana.
Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, ha lanciato un chiaro avvertimento sulle conseguenze di queste politiche commerciali, definendole “significativamente più alte del previsto”. Powell ha sottolineato che i dazi porteranno probabilmente a “maggiore inflazione e crescita più lenta”, creando uno scenario particolarmente difficile per la gestione della politica monetaria.
Gli esperti finanziari prevedono che le politiche commerciali aggressive indeboliranno il dollaro di circa il 10% rispetto alle principali valute nel prossimo anno. Goldman Sachs ha aumentato la probabilità di una recessione negli Stati Uniti dal 20% al 35%, un significativo incremento del rischio in pochi mesi.
Le ripercussioni economiche non si limitano ai mercati finanziari. Un’analisi della Tax Foundation stima che i dazi equivalgano a un aumento medio delle tasse di quasi 1.300 dollari per ogni famiglia statunitense nel 2025, un peso aggiuntivo per i consumatori già alle prese con pressioni inflazionistiche.
La situazione è ulteriormente complicata dalle misure di ritorsione adottate dalla Cina, che ha aumentato le tariffe sulle importazioni statunitensi dall’84% al 125%, innescando potenzialmente una spirale di ritorsioni che rischia di aggravare i danni economici. Studi precedenti sugli effetti della guerra commerciale hanno dimostrato che sono stati principalmente i consumatori americani a sopportare il peso dei costi dei dazi attraverso prezzi più elevati.
L’oro si afferma come principale bene rifugio
In questo scenario di crescente volatilità, l’oro è emerso come il principale bene rifugio, con i prezzi che si mantengono costantemente vicino ai massimi storici. Il metallo prezioso ha registrato un’impennata di oltre il 27% dall’inizio dell’anno, superando tutte le principali classi di attivi in termini di performance.
Questa corsa verso la sicurezza riflette una crescente sfiducia nei confronti degli asset rifugio convenzionali. Il dollaro USA, storicamente considerato un porto sicuro durante le crisi economiche, ha mostrato una debolezza inusuale dopo gli annunci dei dazi. Gli analisti di Deutsche Bank hanno sottolineato come la sua incapacità di recuperare terreno minacci seriamente il suo status di bene rifugio per eccellenza.
La domanda di oro è così forte che, secondo alcuni analisti di mercato, il metallo viene scambiato “come se il mondo fosse in depressione”. Questa corsa all’oro non si limita agli investitori individuali o istituzionali tradizionali, ma coinvolge anche le banche centrali di tutto il mondo, che stanno accelerando gli acquisti per diversificare le proprie riserve.
Goldman Sachs, alla luce di questi sviluppi, ha rivisto al rialzo il suo obiettivo di prezzo dell’oro per la fine del 2024, portandolo a 3.700 dollari. La banca d’investimento prevede addirittura un possibile picco a 3.900 dollari nel caso in cui le forze recessive dovessero intensificarsi ulteriormente.
Le banche centrali in prima linea nella corsa all’oro
Le banche centrali globali hanno mantenuto un forte slancio negli acquisti di oro, aggiungendo ben 1.045 tonnellate alle riserve globali nel 2024. Questo segna il terzo anno consecutivo in cui gli acquisti hanno superato la soglia delle 1.000 tonnellate, un dato senza precedenti nella storia recente.
Questa domanda sostenuta riflette un cambiamento strategico fondamentale nella gestione delle riserve monetarie: le banche centrali cercano attivamente di diversificare i propri asset, riducendo la dipendenza dal dollaro statunitense in un contesto di crescente incertezza economica e tensioni geopolitiche.
La Polonia ha guidato la classifica degli acquisti con 90 tonnellate aggiunte alle sue riserve, seguita dalla Turchia (74,79 tonnellate) e dall’India (72,6 tonnellate). La Cina ha continuato la sua strategia di accumulazione con l’aggiunta di 44,17 tonnellate, sebbene a un ritmo più lento rispetto all’acquisto massiccio di 224,9 tonnellate effettuato nel 2023.
Solo a marzo, la Cina ha aggiunto circa 2,8 tonnellate di oro alle proprie riserve, segnando il quinto incremento mensile consecutivo e confermando la strategia di lungo periodo del gigante asiatico.
La tendenza è particolarmente marcata tra le economie dei mercati emergenti in Asia, Europa orientale e Medio Oriente. I banchieri centrali di queste regioni citano esplicitamente il ruolo dell’oro come riserva di valore a lungo termine e copertura contro l’inflazione, in un mondo caratterizzato da crescente instabilità monetaria.
Secondo un rapporto del World Gold Council, l’81% dei banchieri centrali prevede ulteriori aumenti delle riserve auree per il 2025, con gli analisti che stimano un incremento di almeno il 20% negli acquisti rispetto ai livelli già elevati del 2024. Questa domanda istituzionale sostenuta ha contribuito in modo significativo alla performance del prezzo dell’oro, creando una pressione al rialzo nei mercati globali.
Prospettive future: un nuovo paradigma per l’oro?
L’attuale rally dell’oro potrebbe segnalare un cambiamento più profondo nel sistema finanziario globale. Tradizionalmente considerato un asset improduttivo che non genera rendimenti, l’oro sta riacquistando un ruolo centrale nelle strategie di investimento sia istituzionali che private.
In un contesto di tassi reali ancora negativi (considerando l’inflazione), crescenti tensioni geopolitiche e politiche monetarie sempre più sperimentali, il metallo prezioso offre una protezione unica che altre classi di attivi faticano a garantire.
La domanda fondamentale per gli investitori è se l’attuale rally rappresenti una reazione temporanea all’incertezza del momento o l’inizio di un riallineamento strutturale del sistema monetario globale. In ogni caso, con l’indebolimento del dollaro, l’escalation delle tensioni commerciali e una Fed sotto pressione politica, l’oro sembra destinato a mantenere il suo ruolo di barometro dell’ansia dei mercati e di rifugio sicuro negli anni a venire.