“Bernies” o “Barnies”? Black Mirror porta il gaslighting oltre lo schermo con un esperimento rivoluzionario

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Netflix ha portato l’esperienza di “Black Mirror” a un livello completamente nuovo con un esperimento narrativo senza precedenti. La piattaforma ha rilasciato due versioni leggermente diverse dell’episodio “Bête Noire”, distribuendole in modo casuale agli abbonati. La differenza più evidente: in una versione il ristorante di pollo protagonista si chiama inizialmente “Bernies”, nell’altra “Barnies”. Questa sottile variazione ha esteso il tema del gaslighting dell’episodio agli spettatori stessi, trasformandoli in partecipanti inconsapevoli di un gioco psicologico che ha brillantemente sfumato i confini tra finzione e realtà.

La controversia “Bernies vs. Barnies” infiamma i social media

Il dibattito è esploso sui social media quando gli spettatori hanno iniziato a confrontare le loro esperienze, scoprendo di aver visto versioni diverse dello stesso episodio. In una versione, il negozio di pollo si chiamava inizialmente “Barnies” per poi cambiare in “Bernies” nel corso della narrazione; nell’altra accadeva esattamente l’opposto.

La manipolazione, tuttavia, andava ben oltre il semplice nome. Anche i dialoghi e i risultati delle ricerche mostrati nell’episodio erano accuratamente adattati per corrispondere alla versione assegnata allo spettatore. L’effetto è stato così convincente che gli abbonati hanno iniziato ad accese discussioni online su quale nome fosse quello “corretto”, rispecchiando perfettamente l’esperienza della protagonista Maria, che nell’episodio vede la propria realtà messa in discussione.

Netflix e gli account social ufficiali di Black Mirror hanno alimentato brillantemente la confusione. In un divertente scambio su X (precedentemente Twitter), l’account Netflix ha pubblicato semplicemente “bernies”, mentre l’account ufficiale di Black Mirror ha risposto “barnies”, aumentando ulteriormente il disorientamento degli spettatori.

Questa strategia ideata dal creatore Charlie Brooker ha funzionato in modo impeccabile. Numerosi spettatori hanno riferito di essersi sentiti genuinamente disorientati e “manipolati” quando, discutendo dell’episodio con amici o familiari, si sono resi conto di aver visto versioni differenti. La manipolazione meta-narrativa ha trasformato “Bête Noire” da una semplice storia sul gaslighting in una vera e propria esperienza di gaslighting vissuta in prima persona, rendendolo uno degli episodi più innovativi e interattivi della serie.

Un esperimento psicologico camuffato da intrattenimento

Il rilascio in doppia versione rappresenta uno degli esperimenti più audaci mai tentati da Netflix, utilizzando deliberatamente tecniche di gaslighting sia come dispositivo narrativo che come esperienza diretta di visione. Questa manipolazione psicologica rispecchia perfettamente la trama dell’episodio, in cui il personaggio di Verity utilizza un misterioso “compilatore quantistico” per “ritarare la frequenza corporea su una delle realtà parallele” e far dubitare Maria della propria sanità mentale.

Creando due versioni dell’episodio con sottili ma significative differenze, Netflix ha esteso i temi della narrazione oltre lo schermo, facendo sperimentare agli spettatori la stessa disorientante sensazione di vedere messa in discussione la propria percezione della realtà.

L’esperimento illustra brillantemente il commento più profondo dell’episodio sulla manipolazione della verità nell’era digitale. Come sottolineato in una recensione, “Bête Noire” affronta “fino a che punto si possa fidarsi della ‘realtà’ ora che i motori di ricerca diffondono allucinazioni generate dall’IA come fatti e i chatbot distorcono le informazioni per adattarle ai pregiudizi”.

Trasformando gli spettatori in partecipanti inconsapevoli che vivono la propria versione della confusione di Maria, Netflix ha convertito “Bête Noire” da una normale esperienza di visione passiva in un meta-commento sul gaslighting che coinvolge attivamente il pubblico, creando un disorientamento autentico che rispecchia la guerra psicologica rappresentata nella storia.

Dietro le quinte dell’inganno perfetto

Le differenze tra le due versioni dell’episodio vanno ben oltre la semplice modifica del nome del ristorante. Mentre la scena iniziale con l’insegna del cappello è stata alterata digitalmente in post-produzione per mostrare “Barnies” o “Bernies”, le scene successive sono state effettivamente girate due volte con dialoghi e immagini completamente differenti.

In una versione, Maria sostiene che “Barnies” non ha senso grammaticalmente a causa della desinenza in “IES”, mentre nell’altra versione lo paragona a un fienile dove stanno gli animali (“barn” in inglese). Queste differenze si estendono persino ai risultati di ricerca su Google mostrati sullo schermo, con ogni versione che visualizza risultati appositamente creati per supportare la realtà presentata in quella specifica edizione.

Il team di produzione ha compiuto sforzi straordinari per mantenere l’illusione, registrando multiple versioni delle scene chiave con sottili variazioni nella sceneggiatura per garantire che l’effetto di gaslighting fosse assolutamente impeccabile. Questa meticolosa attenzione ai dettagli ha creato ciò che uno spettatore ha descritto come un’esperienza di “mettere in discussione la propria realtà” dopo aver scoperto le differenze.

Il regista dell’episodio ha deliberatamente mantenuto queste variazioni segrete durante la produzione. L’attrice Rosy McEwen, che interpreta Maria, ha successivamente rivelato che alcune delle riprese alternative erano “esagerate” e ha notato che in certe scene che sono state infine tagliate da entrambe le edizioni finali, gli attori “sembravano un po’ pazzi”. Questo approccio sperimentale alla narrazione si sposa perfettamente con i temi dell’episodio sulla manipolazione della realtà e la guerra psicologica.

Un nuovo capitolo nella narrazione interattiva

L’esperimento di “Bête Noire” segna un’evoluzione significativa rispetto ai precedenti tentativi di Netflix di creare esperienze interattive, come “Bandersnatch” della stessa serie Black Mirror, che permetteva agli spettatori di fare scelte consapevoli che influenzavano la trama.

Ciò che distingue questo nuovo approccio è la sua natura clandestina: gli spettatori non erano consapevoli di partecipare a un esperimento narrativo fino a quando non hanno iniziato a confrontare le loro esperienze. Questo elemento di sorpresa ha amplificato enormemente l’impatto dell’esperienza, rendendola molto più vicina a un vero episodio di gaslighting.

L’iniziativa solleva interrogativi affascinanti sul futuro della narrazione televisiva nell’era dello streaming. Le piattaforme digitali offrono possibilità che erano semplicemente impensabili nell’epoca della televisione tradizionale, quando tutti gli spettatori vedevano esattamente lo stesso contenuto contemporaneamente.

Con la capacità di servire versioni personalizzate dello stesso programma a diversi utenti, si aprono nuove frontiere creative che potrebbero ridefinire completamente la nostra comprensione di cosa significa “guardare uno show televisivo”.

“Bête Noire”, con il suo ingegnoso stratagemma, potrebbe essere ricordato non solo come uno degli episodi più memorabili di Black Mirror, ma come un momento pionieristico che ha ridefinito le possibilità della narrazione nell’era digitale.

Chiara Lombardi
Chiara Lombardi
Critica d'arte e curatrice indipendente con formazione in Storia del Cinema e Arti Visive. Ha lavorato per festival internazionali e scritto per riviste culturali di prestigio. Chiara analizza fenomeni pop e produzioni d'autore con lo stesso rigore metodologico, convinta che la cultura contemporanea meriti uno sguardo attento e non pregiudiziale. Tiene corsi di critica culturale e ha pubblicato saggi sull'evoluzione del linguaggio cinematografico nell'era digitale.

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