Gravi accuse sono state mosse contro Meta da Sarah Wynn-Williams, ex dirigente dell’azienda di Mark Zuckerberg. Secondo quanto testimoniato davanti a una sottocommissione del Senato americano, il colosso tecnologico avrebbe collaborato attivamente con il governo cinese su strumenti di censura e condiviso dati degli utenti, potenzialmente compromettendo la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. La testimonianza, riportata da CBS News, dipinge un quadro inquietante delle presunte operazioni segrete di Meta in Cina, in netto contrasto con la posizione ufficiale dell’azienda.
Le accuse: censura personalizzata e condivisione di dati
Durante la sua testimonianza al Senato, Wynn-Williams ha affermato che Meta ha lavorato “a stretto contatto” con funzionari cinesi, fornendo strumenti di censura personalizzati al Partito Comunista Cinese. Le accuse includono:
- La creazione di “strumenti di censura personalizzati” specificamente progettati per il governo cinese
- La condivisione di dati degli utenti, compresi quelli di cittadini americani, con funzionari cinesi
- La rimozione dell’account Facebook di un dissidente cinese su esplicita richiesta delle autorità di Pechino
“Questi comportamenti non rappresentano semplici compromessi commerciali, ma sollevano interrogativi fondamentali sulla protezione dei dati personali e sulla libertà di espressione in un contesto geopolitico sempre più complesso,” commenta Elena Mariani, analista politica di Oltre il Titolo. “Se confermate, queste pratiche minerebbero alla base la narrazione pubblica di Meta come difensore della libertà di espressione.”
La difesa di Meta: “Accuse false”
Meta ha risposto con fermezza alle accuse, negandole categoricamente. Il portavoce Ryan Daniels ha dichiarato che le affermazioni sono “false” e ha sottolineato che l’azienda non ha attualmente servizi operativi in Cina.
“Le piattaforme di Meta sono bloccate in Cina da anni,” ha precisato Daniels, “e l’azienda non ha mai fornito al governo cinese strumenti per censurare i contenuti né ha condiviso dati di utenti con le autorità cinesi.”
La società sostiene che la testimonianza di Wynn-Williams sia basata su informazioni incomplete o decontestualizzate, e ha ribadito il proprio impegno verso la protezione della privacy degli utenti e la libertà di espressione.
Il ruolo personale di Zuckerberg
Particolarmente incriminanti sono le affermazioni riguardanti il coinvolgimento diretto di Mark Zuckerberg nelle relazioni con la Cina. Secondo Wynn-Williams, il CEO di Meta:
- Si sarebbe impegnato personalmente ad apprendere il mandarino
- Avrebbe tenuto sessioni regolari con i dipendenti per migliorare le sue competenze linguistiche
- Avrebbe perseguito una strategia duplice: “avvolgersi nella bandiera americana” pubblicamente mentre costruiva un business da 18 miliardi di dollari in Cina
Queste affermazioni contraddicono nettamente la posizione ufficiale di Meta, che ha sempre sostenuto di non operare in Cina dopo il blocco delle sue piattaforme da parte del governo di Pechino.
La controversia sul modello IA Llama
Un aspetto particolarmente preoccupante della testimonianza riguarda il modello di intelligenza artificiale Llama sviluppato da Meta. Secondo la whistleblower, questa tecnologia avrebbe “significativamente” contribuito a far progredire le capacità di IA delle aziende cinesi.
La controversia evidenzia le sfide che le aziende tecnologiche affrontano nel bilanciare l’innovazione globale con le preoccupazioni per la sicurezza nazionale. Sebbene Meta abbia rilasciato pubblicamente versioni del suo modello Llama, l’accusa suggerisce un livello di collaborazione più profondo e potenzialmente problematico.
Ripercussioni politiche
Le accuse hanno innescato un’immediata reazione politica. Il senatore Josh Hawley ha pubblicamente accusato Zuckerberg di aver fatto della “censura il suo modello di business” e ha formalmente richiesto che il CEO di Meta testimoni davanti al Congresso.
In una lettera indirizzata direttamente a Zuckerberg, Hawley ha chiesto maggiore trasparenza sulle presunte attività dell’azienda in Cina e ha sollecitato risposte concrete alle accuse mosse da Wynn-Williams.
La controversia ha riacceso il dibattito sull’influenza globale dei giganti tecnologici e sul loro potenziale impatto sulla sicurezza nazionale. I critici sostengono che le presunte azioni di Meta evidenziano la necessità di regolamentazioni più severe per le operazioni internazionali delle aziende tecnologiche, specialmente con paesi considerati avversari geopolitici degli Stati Uniti.
Un precedente inquietante
Questa non è la prima volta che Meta si trova al centro di controversie riguardanti la gestione dei dati degli utenti e le relazioni con governi autoritari. Lo scandalo Cambridge Analytica aveva già sollevato seri dubbi sulle pratiche dell’azienda in materia di privacy, mentre precedenti indagini avevano esplorato il ruolo delle piattaforme social nella diffusione della disinformazione.
Tuttavia, le accuse di collaborazione diretta con il governo cinese rappresentano un livello completamente nuovo di preoccupazione, poiché toccano non solo questioni di privacy individuale ma anche di sicurezza nazionale.
“Queste accuse, se verificate, potrebbero segnare un punto di svolta nella percezione pubblica delle Big Tech,” conclude Mariani. “Da innovatori che connettono il mondo a potenziali minacce per gli interessi nazionali, il passo sarebbe breve e potrebbe portare a un ripensamento radicale del quadro normativo che regola queste aziende.”
Mentre le indagini proseguono, resta da vedere come evolverà questa situazione e quali saranno le conseguenze a lungo termine per Meta, per il settore tecnologico in generale e per le relazioni tra Stati Uniti e Cina in un’epoca di crescente competizione tecnologica.